Fisicofollia, quisquilie, pinzillacchere e varie diavolerie: il carnevale di Totò, principe-burattino
DOI:
https://doi.org/10.6092/issn.2724-5179/19561Parole chiave:
umorismo, teatro, futurismo, cinema, linguaggio, fameAbstract
Nella maschera proletaria di Totò, nella sua gesticolazione incessante, nei paradossi linguistici che la caratterizzano, si condensano istintivamente le tracce di una cultura comica stratificata: da Aristofane e Plauto alla commedia dell’arte, dai buffoni medievali alla jonglerie. Tutti debiti che sono stati variamente indicati e indagati dagli studiosi e che hanno come comune denominatore la tecnica dell’improvvisazione codificata nel 1699 dal giurista palermitano, trapiantato a Napoli, Andrea Perrucci, autore del trattato Dell’arte rappresentativa premeditata. A questo si aggiunga l’allure marinettiana che si scorge nella meccanicità dei movimenti e nella disarticolazione del corpo che fanno pensare agli studi di Fortunato Depero che, negli anni Dieci, si era interessato proprio agli aspetti meccanici della recitazione teatrale. La «fisicofollia», con i suoi esempi di teatralità veloce, irriverente e poliespressiva che Marinetti poneva come condizione per un rinnovamento del teatro forniva molteplici spunti per ribaltare modi e strutture del teatro tradizionale e per introdurre nella drammaturgia contemporanea quegli elementi di straniamento che ritroveremo nell’opera di Luigi Pirandello, Bertolt Brecht, Samuel Beckett, Eugène Ionesco e nel surrealismo.
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